Un tavolino con un bicchiere d’acqua e un barattolo di borotalco, un paio di monitor, una piccola pedaliera, un’asta e un microfono, luci bianche al centro del palco, nient’altro: squallido? Oddio, per chi vede la star di turno solo quando il fumo del ghiaccio secco si è diradato in un arcobaleno di laser, effettivamente sì; ma noi aspettavamo Richard Thompson e quando è arrivato sul palco “povero” con la sua Lowden acustica non mancava niente: nessun effetto speciale, solo Musica (m maiuscola) speciale!
In questo clima di palpitante attesa è iniziato il primo dei tre concerti italiani del grande chitarrista inglese (da tempo residente negli USA) promossi da Geomusic. Siamo nel teatro di Palmanova (Ud) come “anteprima” di Folkest 2016 e di Madame Guitar che si terrà a settembre, ovvero una collaborazione tra Folkest e Folk Club Buttrio. Pubblico discretamente numeroso, ma inferiore alla qualità artistica dell’ora e mezza che ci apprestavamo ad ascoltare: diciotto brani e un paio di bis azzeccati, sempre troppo poco per la nostra fame.
Lasciando che fosse la chitarra a parlare, Thompson ha introdotto solo alcuni brani, ma molti erano l’abc per i suoi fan, troppo noti (e belli!): “Valerie”, “1952 Vincent Black Lightning” e le perle dell’accoppiata Richard & Linda “I want to see the bright lights tonight”, “Wall of death”, “Shoot out the lights” e, come primo bis, la struggente “Dimming of the day”. Preziosi anche i brani presi qua e là dal suo repertorio, da “Persuasion” (1991) a “The ghost of you walks” (1996), “One door opens” (2003) o “Johnny’s far away” (2013) – che ha coinvolto nel ritornello anche il pubblico in sala – ed alcune perle del nuovo cd “Still” del 2015.
La recente scomparsa di Dave Swarbrick, compagno nei Fairport Convention e coautore di gioielli come “Crazy man Michael” o “Walk awhile”, non poteva essere dimenticata e Thompson ha voluto ricordare lui e gli altri due Fairport scomparsi, Martin Lamble e Sandy Denny cantando la straordinaria e significativa “Who knows where the time goes”, che nel ’68 avevano suonato tutti assieme nel secondo album dei Fairport, “Unhalfbricking”.
Per chi non conosce Thompson, quanto scritto finora può sembrare una semplice lista di “canzoni”, una hit parade per aficionados, persino una sequenza monocorde e ripetitiva (vista la dimensione voce-chitarra acustica) di strofa-ritornello-assolo per 90 minuti. Ma nell’era di Internet e Youtube solo uno sprovveduto ascoltatore avrebbe potuto pensare di annoiarsi, perchè QUELLE canzoni hanno argomenti e testi mai banali, QUELL’accompagnamento di chitarra varia costantemente al’internio di ogni singolo brano, QUEGLI assoli hanno sviluppi imprevedibili sorretti da una tecnica eccezionale e, ancora una volta, originale, un mix contemporaneo di flat e finger style che stupisce e, ancor più, emoziona. Thompson si è ancora una volta dimostrato un vero “maestro” della chitarra, non uno dei tanti “dattilografi” della sei corde che, dopo aver corso come folli su e giù per il manico durante tutta la serata, non sono andati da nessuna parte e hanno distribuito zero emozioni a un pubblico più assordato che “colpito”.
L’abbiamo appena ascoltato… e già ci manca: a quando il prossimo concerto Richard?
Marco Micon
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