di Tiziano Menduto
L’atmosfera del Castello Sforzesco milanese a luglio, prima del successivo caldo torrido di agosto, invita a piacevoli passeggiate tra le mura e il vicino Parco Sempione. Ma questa sera, no. Siamo seduti, davanti ad un palco vuoto cercando di anticipare con gli occhi i precisi e irrimediabili atterraggi dei nugoli di zanzare che circondano fari e lampioni.
Siamo qui senza sapere in realtà cosa aspettarci.
Questa sera, il 12 luglio, è previsto il concerto del gruppo dei Saodaj’, musicisti dell’Île de la Réunion, una isola – dipartimento d’oltremare francese – dell’arcipelago delle isole Mascarene nell’Oceano Indiano. A est del Madagascar e non lontano dalla Repubblica di Mauritius.
Di loro sappiamo poco o nulla e ancor meno del mondo delle tradizioni dell’Île de la Réunion.
Scopriamo che i Saodaj’ sono reduci da una serie di concerti in Francia e in Italia (ad esempio in Friuli a Folkest, a Padova, Ancona e Ravenna). E leggiamo – nella presentazione della serata – che interpretano, rivisitandolo, un particolare genere musicale, il Maloya. Un gruppo composto da una voce leader, quella di Marie Lanfroy, e altri quattro musicisti: Jonathan Itéma, Mélanie Bourire, Frédérick Cipriano e Anthony Sery. Tante voci che accompagnano Marie (specialmente quella di Mélanie) e innumerevoli strumenti a percussione.
Ci vuole poco poi a trovare ulteriori informazioni, tramite i tanti prodotti tecnologici che accompagnano ogni nostro passo.
La cultura popolare del Maloya (inclusa dall’UNESCO dal 2009 nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità) unisce musica, canto (in creolo) e danza. Ed è nata per esprimere dolore e ribellione tra gli schiavi malgasci e africani nelle piantagioni di zucchero dell’isola. Questo mondo musicale, che faceva originariamente parte di una sorta di rituale collegato al culto degli antenati e a forme di guarigione, si accompagna con il suono di percussioni (rouleur, triangolo, bobre, kayamb, …) e con canti in creolo su ritmi trascinanti da danza.
Superata la fase di raccolta di informazioni, torniamo al concerto: arrivano i musicisti e il palco si riempie subito di strumenti. Si comprende subito, dalle prime note, che non siamo davanti alla semplice riproposizione di una tradizione dell’Île de la Réunion, ma c’è qualcosa di più. Nell’aria si diffondono ritmi che invitano alla danza, ipnotici, che riempiono l’atmosfera di energia e si incastrano perfettamente con la bellissima voce di Marie (leader e fondatrice del gruppo) e di Mélanie.
Si capisce che dietro il lavoro del gruppo c’è una maturità sia esecutiva, che a livello di arrangiamenti e composizioni: non solo i Saodaj’ raccontano la magia del Maloya della Reunion, mantenendone lo spirito ipnotico e trascinante, ma raccolgono anche spunti dal mondo variegato della cosiddetta world music. Come in un bellissimo brano – che si può ascoltare anche su YouTube (Saodaj’ sur les toits) – in cui si respira anche l’eco di timbriche e arrangiamenti che ricordano il Nord Europa.
Insomma un ottimo concerto per un gruppo che si farà conoscere sempre più per la sua originalità, da un lato, e la sua capacità di meticciare e ibridare stili e generi. In fondo un po’ come la storia dell’Île de la Réunion, una storia intessuta di incontri culturali tra mondi diversi: europei, africani, cinesi, malesi e indiani.
Un’ultima informazione, tratta da una breve domanda a fine concerto a Marie Lanfroy. Oltre a un disco già prodotto – che però, a detta di Marie, non è più rappresentativo del sound del gruppo odierno – nei prossimi mesi uscirà il loro nuovo lavoro in studio.
Lo attendiamo con grande curiosità e impazienza…
Per informazioni: http://saodaj.re” http://saodaj.re
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