Atmosfere rarefatte, suoni interiorizzati, scelta di vie più tortuose per comunicare: pare essere questa la caratura espressiva preferita dai romani Klezroym, attivi da anni in una loro proposta di musica klezmer decisamente originale. Al limitare del jazz, e talora anche oltre, vivendo in una dimensione che spesso profuma di nostalgia (significativi gli inserti “radiofonici” intercalati ai brani quali cameos d’anteguerra), la cantante Eva Coen e i sei strumentisti non cercano il battimano ritmato o l’invito alla danza a tutti i costi, ma piuttosto invitano a una serie di riflessioni sulle sfaccettature di un genere musicale complesso e articolato, di cui spesso in Italia si conoscono solo alcuni aspetti -nemmeno necessariamente i più stimolanti- e si ignorano le potenzialità di adattamento ad altri canoni espressivi, per esempio, la canzone d’autore. Elevato rischio, quindi, come ogni volta che si percorre un terreno minato di insidie e di difficoltà: e talora ci si fa del male, come nel caso di una davvero terribile versione della stupenda “Canzone dell’amore perduto” di Fabrizio De Andrè, ridotta a un esercizio stilistico e svuotata di ogni sensualità in nome di non si sa bene cosa. Ma, detto subito del brutto, il restante del CD è un disco difficile ma bello, ricco di suggestioni e spesso ottimamente suonato e cantato. Rispettosamente innovative le versioni dei classici della tradizione, buone intuizioni compositive, suono d’insieme collaudato e sfrondato di orpelli alla ricerca dell’essenziale: un disco per i palati fini, che accortamente eviteranno la traccia numero 4 e si concentreranno, per esempio, su “Arum dem Fayer”, “Nostalgia”, “Trokar Kazal, Trokar Mazal”, nell’ordine le nostre preferite. Un disco da centellinare così come un liquore secco e forte che dopo le prime asprezze solo in un secondo tempo sviluppa tutta la sua armonia di aromi e di pienezza. Un disco che comunque colloca i Klezroym ai vertici del fare klezmer progressivo quantomeno in Italia, segno della loro competenza e vocazione alla materia, nella quale si distinguono anche per una intensa e prestigiosa attività didattica.
Enrico Lucchesi
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