di J. d. M.
Il signore che vedete a destra nella foto pubblicata in questa pagina, ritratto insieme al nostro Fabrizio Poggi, è un mostro sacro della musica mondiale di sempre. Per chi non l’avesse riconosciuto, il suo nome è Jorma Kaukonen e di mestiere fa il chitarrista. Non è finlandese di nascita, né di cultura (come il nome da fabbricante di slitte a Tampere lascerebbe sospettare) e gli sono riconosciuti internazionalmente l’invenzione di almeno uno stile chitarristico e la partecipazione a progetti musicali che hanno lasciato il segno nella storia, in assoluto primo piano in una ideale Hall of Fame della buona musica, senza generi e senza tempo, ma profondamente blues, quindi intimamente folk.
La foto è stata scatta qualche anno fa in occasione di un suo un concerto milanese. In questa occasione è stato avvicinato da Fabrizio, che gli ha presentato alcuni numeri di Folk Bulletin, all’epoca anche cartaceo. Cortese e beneducato, il buon Jorma si è ovviamente dimostrato molto incuriosito, ma la sua gentilezza si è trasformata in vero e proprio interesse, con tanto di domande pertinenti, soltanto quando fra le mani gli è capitato il numero 253, giugno ’09, quello con la copertina dedicata a Pete Seeger in occasione dei suoi novant’anni. E il suo comportamento, in quest’occasione, ci suggerisce alcune brevi riflessioni da condividere con voi. E’ un discorso che abbiamo già fatto, ma forse vale la pena di riprendere. Perché solo gli artisti stranieri, in particolare d’oltreoceano, dimostrano questo rispetto nei confronti del loro patrimonio culturale? Perché l’immagine di un Grande del folk è sufficiente, per loro, a porsi come garante e invece per noi tutto è fonte di inutili distinguo? Ora, è da molto tempo che lo stivale e le isole annesse non sfornano artisti del calibro internazionale di Jorma Kaukonen, e quindi il paradosso zoppica un po’, ma facciamo finta… Facciamo finta che un ipotetico Adelmo Buttazzoni, riconosciuta star internazionale del liscio, solista sopraffino di violino, caposcuola di un modo di suonare unico nel suo genere (insomma, una specie di Kaukonen della mazurka) capitasse a Los Angeles per un concerto e che il redattore di un altrettanto ipotetico Folk Bulletin californiano gli facesse sfogliare alcuni numeri della rivista e che sulla copertina di uno di questi campeggiasse la fotografia di Melchiade Benni. Che cosa credete che farebbe, il buon Adelmo? Comincerebbe, con un sorriso forzato, a chiedere come mai una copertina per Melchiade, che poi in fin dei conti bisogna anche vedere se poi era così bravo, che lui si ricordava di averlo anche sentito stonare, una volta… E che comunque lui era diventato famoso perché il periodo era favorevole, perché il pubblico non era poi così preparato, e magari c’entrava anche la politica…
Al posto dell’inesistente Adelmo Buttazzoni metteteci chi volete. Al posto di Melchiade Benni metteteci Matteo Salvatore, Jusep da Rous, i Cantori di Carpino, Liso Iussa o un altro Padre del nostro patrimonio culturale. L’atteggiamento non cambierebbe. Si dice che un popolo senza tradizioni e senza radici sia inevitabilmente destinato ad estinguersi. E noi, in attesa di sparire, per ora sappiamo già di essere quantomeno dei semplici sopravvissuti.
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