Dietro le mentite spoglie di Sergio Arturo Calonego in verità si nasconde un’entità che si è impossessata del corpo di questa persona nel 2004 dopo un incidente aereo. Lui si chiama Xhgdjuclick e proviene da Baktrapàk, un pianeta appartenente alla galassia Thermotek che dista circa 2500 anni luce dal nostro sistema solare. Non è un pericolo immediato per la nostra comunità di chitarristi, ma ritengo sia necessario tenerlo monitorato: si è già impossessato di alcuni social quali Facebook e Whatsapp, all’interno dei quali sta facendo proselitismo a suon di brani strumentali di grande valore, di considerazioni indubbiamente sensate e coinvolgenti e di tutorial nei quali insegna a rubare la benzina dalle auto dei baristi che non pagano gli spettacoli. Si è iscritto come “giovane promessa” ad un concorso chitarristico, nonostante i suoi 257 anni siderali, vincendolo pure e garantendosi la possibilità di suonare ad uno dei più importanti festival europei, in Francia. A parte gli scherzi, qui penso sia scattata, nel nostro grande Sergio (o Arturo, o Xhgdjuclick?) una molla molto importante, in quanto andrà nel tempio di Dadi a presentare il suo secondo lavoro, DADIGADI, una pregevole sintesi fra il cognome del grande chitarrista d’oltralpe e l’accordatura alternata che normalmente suona. Il disco è bello e fresco, non si ferma ad una semplice dimostrazione delle tecniche più in voga ma si spinge ad un dialogo con l’ascoltatore, coinvolgendolo nelle sue circonvoluzioni sonore. Ritengo Darlin il brano più intelligente, un gioco con una voce da bluesman consumato che si fa accompagnare da uno swing sporco in pieno stile Paolo Conte. Pregevoli anche la titletrack e la “chiacchierata” Delta. Manca un riferimento stilistico a Marcel, ma può darsi che così sia per un ossequioso pudore del nostro ex extraterrestre. Un ottimo secondo lavoro, ma, conoscendo Sergio, vorrei spronarlo nel prossimo disco a far parlare di più il suo cuore, so che ne è capace. Tengo molto, strappando una regola di recensioni “unipersonali”, a riportare di seguito lo scritto di un amico speciale, Piero Castello, “Sono uno dei pochi privilegiati ad aver ascoltato DADIGADI’ prima dell’uscita ufficiale. Non mi permetto di dare opinioni tecniche, anche se fin dalla prima nota, si capisce che dietro al risultato finale ci sono ore e ore di studio, di cambiamenti e di stravolgimenti. Preferisco soffermarmi su cosa mi ha comunicato l’ascolto, quasi in modo onirico o come se fosse il racconto di un viaggio immaginario. Perché Sergio ci conduce con la sua chitarra proprio in un viaggio.. e non aspettatevi un viaggio facile: per seguirlo a dovere vi consiglio il buio e le cuffie. E lasciatevi trasportare senza fare resistenza. Io l’ho fatto e il suo viaggio è diventato il mio. E per me che sono immobilizzato per una malattia questa è stata un’occasione, un regalo. Sentendo la chitarra mi sono virtualmente spostato avanti e indietro nel tempo e nello spazio. Sono tornato bambino e ho risentito il profumo dell’erba appena tagliata in campagna e del pane appena sfornato. Quasi ho riprovato il sano dolore alle ginocchia dopo le innumerevoli cadute dalla bici. Mi sono passati davanti i volti di ragazze, come un mosaico formato dalle note. E poi le corse dietro i tram, i bar nell’alba nebbiosa e tanti treni. Ma non basta. La mia immaginazione, col passare delle tracce, ha cambiato visuale. Il ricordo ha lasciato spazio al sogno e mi sono ritrovato seduto su una sedia a dondolo a guardare l’orizzonte. Davanti a me solo pace e il rumore del vento. Il sole basso illumina il fiordo che mi è davanti. Sono solo ma so che tra poco non lo sarò più. Forse è mio paradiso. E’ finito il cd: bisogna farlo ripartire per vivere nuove sensazioni, magari le stesse, magari diverse. Non posso che augurarvi buon viaggio.”