“Singing Sands” vede alla chitarra Tony McManus, noto ormai per essere – tra i chitarristi quelli dediti al repertorio delle isole britanniche e dintorni musicali –quello dotato della tecnica fingerstyle più brillante, una specie di John Renbourn al quadrato: proprio la sua spaventosa abilità con la chitarra finisce però per essere il suo limite negli album da solista, che ostentano a volte eccessivo compiacimento. Ma è questo un rischio che non ha potuto permettersi di correre, incidendo un intero album con Alain Genty, bassista bretone che non gli è da meno quanto a personalità. “Nebbioso” è uno degli aggettivi che vengono in mente ascoltando questo bel disco, forse per quel tanto di ovattato e tiepido che esprime il basso fretless di Genty con il suo andamento trascinato, che trova il modo di invitare alla contemplazione anche nei momenti in cui la chitarra di McManus snocciola più velocemente i suoi pizzicati. L’incontro tra questi due musicisti ha un esito sempre interessante e non di rado affascinante; il ritmo, una pulsazione continua a volte appena sottintesa. I due contrappongono le timbriche dei rispettivi strumenti scambiandosi e rimandandosi i ruoli con grande sapienza; giocano con garbo e inventiva con i ritmi e gli “standard” del folk riuscendo sempre a sorprenderti, e senza che la sorpresa sia fine a se stessa. Una volta entrati in sintonia con un sound piuttosto inusuale, “Singing Sands” è un album che regala diversi sorrisi e nessun momento di noia, a condizione che – giocato com’è tra le frequenze profonde e pastose del basso e quelle cristalline della chitarra acustica – sia ascoltato su un impianto almeno decente. Sconsigliato per le autoradio.
Luigi Fazzo
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