In questi anni non sono mai stato morbido con i vari gruppi di folk-rock dialettale nostrano. Né ho amato certe etichette di folk-rock o combat folk, specie quando il folk si riduceva a una parola vuota o a una riproduzione/imitazione sbiadita delle culture scoto-irlandesi. Ma un cd di un cantante in ambito rock, con influenze folk e con testi in dialetto ha ugualmente varcato la mia casa insieme ai miei pregiudizi.
Sto parlando del primo cd, nuovo di fabbrica, di Lissander (Alessandro) Brasca: “Sot la cender”.
Lissander Brasca, cantautore polistrumentista lombardo (chitarra, baghet, bombarda, piffero, …), parte da lontano. Già nei primi anni ’90 partecipa, con successo, a diversi festival e nel 1995 è ospite esordiente al Premio Tenco 1995. Poi sparisce dalle scene, per ricomparire nel 2009 con la registrazione di alcuni brani resi disponibili in rete e la partecipazione ad altre manifestazioni. Poi nel 2011 arriva “Sot la cender” (“sotto la cenere”), titolo significativo se pensiamo che il temine “brasca” in dialetto significa “brace”.
Dieci brani, un lavoro piacevole, arrangiamenti validi e originali, testi di qualità, una registrazione che non ha bisogno di ammiccare a nulla… Si fa ascoltare piacevolmente per l’equilibrio tra brani morbidi e quasi commoventi, come l’intensa Fabrega e Papaya, o altri più ruggenti, come El penser de la mort (1 e 2). E altri ancora che mostrano come a Brasca non dispiaccia cercare vie originali partendo dalla tradizione, come nel caso di Lissindrine ship-train rhythm, nuova via alle alessandrine del repertorio delle “Quattro Province”. Alessandrine suonate con il piffero (e non solo) al ritmo, come dice il titolo, “del treno-nave”.
Un altro pregio del suo disco è, come già accennato, quello di non ammiccare agli insignificanti celtismi dell’inesistente “Padania”, né a pseudo mondi folk-rock, né ad altro. Si presenta semplicemente come un cantautore rock, con canzoni scritte in un dialetto inventato, una sorta di koinè ortografica che Lissander ha elaborato insieme a un linguista per rappresentare in qualche modo tutti i dialetti realmente parlati in Lombardia.
Una scelta che lo allontana dal tentativo di rappresentare qualcosa – una tradizione, una cultura locale – ma lo avvicina all’idea, molto cantautorale, che la canzone abbia bisogno di comunicare nel modo più universale possibile.
Un disco da ascoltare per il piacere di farlo, magari con un occhio al libretto. Perché il testo è importante e c’è chi, come me, è cresciuto in Lombardia senza conoscere alcun dialetto. E in questo caso non c’è esperanto dialettale che tenga…www.myspace.com/lissanderbrasca
Tiziano Menduto
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