SPECIALE RED HOUSE RECORDS
di Fabrizio Poggi
La Red House Records è un’etichetta americana specializzata in folk music e dintorni che ha base a St. Paul, Minnesota. La label è stata fondata nel 1981 da Greg Brown (cantautore di culto con una forte coloritura blues) come veicolo per promuovere la propria musica. Brown la chiamò con lo stesso nome della fattoria in cui viveva all’epoca, nell’Iowa. L’etichetta della “casa rossa” divenne una vera e propria label quando Brown incontrò Bob Feldman nel 1983. Greg fu contentissimo di lasciare il timone della sua creatura nelle mani di un uomo conosciuto e apprezzato tra i musicisti per la sua filosofia imprenditoriale:creare un ambiente sereno in cui la creatività di un artista poteva esprimersi in completa libertà, senza dover sottostare a tutte le costrizioni che spesso una major impone. Ben presto furono tanti gli artisti che si associarono all’etichetta: Spider John Koerner, Prudence Johnson, Peter Ostroushko, Rio Nido, Jorma Kaukonen e John Gorka. A loro si aggiunsero negli anni altri grandi artisti come Utah Phillips, Tom Paxton, Norman Blake, Eliza Gilkyson, Loudon Wainwright III, Robin e Linda Williams, Cliff Eberhardt, Jimmy LaFave, Guy Davis, Paul Geremia e Ramblin’ Jack Elliott. Questi che seguono sono quattro dischi prodotti dalla Red House nell’ultimo anno. Se amate i cantautori e la musica elettroacustica d’oltreoceano la Red House è l’etichetta che fa per voi.
ARTISTI VARI
A NOD TO BOB II
“A Nod to Bob II”arriva dieci anni dopo “A Nod to Bob”, uscito con un certo successo di pubblico nel 2001 per il settantesimo compleanno di Dylan, e ripropone nel cast gran parte dei musicisti che si cimentarono allora. Questa volta l’occasione è il settantesimo compleanno del grande bardo. Se il primo volume era ottimo, il secondo forse è ancora meglio. Quasi inutile citare tutte le 16 tracce del disco che pescano dal repertorio di Mr. Zimmerman brani noti e chicche meno conosciute. Val la pena invece ricordare il cast che compone l’album e che raccoglie artisti davvero straordinari: John Gorka, Hot Tuna, The Pines, Lucy kaplanski, Jimmy LaFave, Eliza Gylkinson, Pieta Brown, Story Hill, Guy Davis, Ray Bonneville, Speder John Koerner, Meg Hutchinson, Ronib e Linda Williams, danny Schmidt, Cliff Eberhardt e Peter Ostroushko.
Un grande disco.
PIETA BROWN
MERCURY
Un vero capolavoro. Era da tempo che non ascoltavo un disco così intenso, dolce e profondo. Un disco in cui blues, folk, canzone d’autore, errebì, soul e roots rock si fondono in maniera assolutamente perfetta. La figlia di Greg Brown sa veramente come scrivere canzoni e come circondarsi di ottimi musicisti per dare il giusto vestito ad ogni storia in musica. La sua voce è matura, sensuale e bellissima e mi ha ricordato in alcune sfumature quella di Julie Miller, Karen Peris degli Innocence Mission, Susan Vega e Lucinda Williams, seppur meno dolente nei toni. Tutti i brani sono all’insegna del “less is more” e scorrono piacevoli sino ai punti più nascosti del nostro cuore donandoci emozioni a profusione. Non servono altre parole.
Consigliatissimo!
CLAUDIA SCHMIDT
BEND IN THE RIVER
Bella voce, ottima strumentazione, splendidi arrangiamenti. Cosa chiedere di più a un disco? La prima volta che ho messo questo cd nel lettore il primo nome che mi è venuto in mente è stato quello di Joni Mitchell nel suo periodo “mingusiano”. Il disco della Schmidt è infatti piuttosto insolito per la Red House, almeno nella prima parte in cui, a farla da padrone, è il jazz. Non si tratta di un jazz puro ma piuttosto di una miscela intrisa di gospel e spiritual, New Orleans sound con tanto di fisarmonica e percussioni alla Neville Brothers, il Van Morrison di “Moondance”, e il piano che si suonava nei bordelli della Louisiana e nei locali di Harlem. Questo è quello che accade nella prima parte del disco. Nella seconda, il cd vira invece verso il british folk rock progressivo con rimandi più o meno evidenti al già citato Morrison, ma anche a John Renbourn, Richard Thompson e Bert Jansch.
Chiude il tutto una stupenda versione del classico “Wayfaring Stranger”.
ANDRA SUCHY
LITTLE HEART
Magari un giorno Andra Suchy diventerà la nuova Loretta Lynn o la nuova Patsy Cline. Per ora accontentiamoci di dire che il suo disco piacerà soprattutto ai fan della country music made in Nashville, dove i violini e le pedal steel flirtano più o meno pericolosamente con le chitarre e le tastiere effettate del brit-pop. Grande professionismo da parte di Andra e della sua band che sfornano un disco adattissimo per le roadhouse sparse nella sconfinata campagna americana. La Suchy esplora la country music in ogni sua declinazione non facendo mancare neanche il canonico brano bluegrass. Un disco tutto sommato normale se non fosse per gli ultimi due brani che mi hanno letteralmente fatto sobbalzare sulla sedia: una versione da manuale di “Helpless” di Neil Young, molto lenta e d’atmosfera che da sola vale l’acquisto dell’intero album; e la conclusiva “Come on in”, quasi una preghiera gospel in chiave southern rock.
ELIZA GILKYSON
ROSES AT THE END OF TIME
Gradito ritorno per una cantautrice che davvero non sbaglia un colpo. Il disco è delizioso e se amate Eliza qui troverete tutte le cose belle che vi hanno accarezzato l’anima attraverso i suoi lavori precedenti. Lei è sempre brava e la band che la segue passo dopo passo assolutamente perfetta. Sotto ogni punto di vista. Gli arrangiamenti, questa volta con qualche virata elegante verso il pop d’autore, sono semplici, delicati ma di grande efficacia. I suoni sono cristallini e la produzione affidata per metà a Cisco Ryder di gran pregio. Rock, folk, country e persino un pizzico di old time spiritual e tex mex formano il melange sonoro di un disco che sarà destinato a suonare a lungo sul vostro stereo. Un’ altra autentica perla che si aggiunge al già preziosissimo catalogo Red House.
Lascia un commento