La poesia di Valeria Cimò incontra l’esuberanza compositiva di Matilde Politi in questo bellissimo album d’esordio che si impone come uno dei più riusciti dell’anno. Quindici brani (di cui l’ultimo in formato video), tutti di composizione, caratterizzati da un suono scabro, essenziale, dal forte impatto ritmico, in cui timbriche e voci sono elementi portanti dell’espressione, assolutamente priva della ricorrente, fastidiosa autocompiacente identità folk contemporanea (quella fighetta che fa gridare la stampa al miracolo…). Qui la poesia dei versi si incontra realmente alla musica, trovandone convincente ed emozionante completamento: parole dure e dolci, cantate in paterno (il dialetto parlato a Palermo), che raccontano frammenti di realtà e sogno, attraverso la descrizione di luoghi di vita (il mercato di Ballarò, ad esempio, o la stessa Palermo, che “ha cominciato a trovare”…) o dell’anima (in “Sugnari”, una rivisitazione dell’intuizione di Calderon de la Barca, mentre “Aspittari”,”Canò Canò” e “E ti pari nenti” cantano l’amore nelle sue forme contraddittorie e insidiose). Tra blues, etnico, folk siciliano, musica acustica contemporanea, l’album offre un variegato paesaggio sonoro attraversato con disinvolta libertà. Il racconto di un viaggio dell’intimo che è cosa rara, oggi, e merita assolutamente di essere ascoltato.
Luca Ferrari
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