Per chi come noi ha consumato sul piatto del giradischi il magnifico e sorprendente disco di esordio dei Makam (“Approaches”), non potrà non apprezzare – e molto – questo CD realizzato dall’ex componente Szabolcs Szoke e da Daniel Vaczi. Straordinario suonatore di sarangi e di gadulka il primo, ottimo sassofonista il secondo (sax alto e sopranino), propongono una musica di nuova composizione tutta dedicata alla città di Venezia, alla sua bellezza, ai suoi angoli più nascosti ed a quelli entrati nella memoria collettiva.
Come agli albori dei Makam, è un andirivieni continuo tra oriente ed occidente, tra sonorità, ritmi e melodie che ci hanno costretto a difficilissimi esercizi di equilibrio per trovare una parola che potesse descrivere la musica e che ci fanno capire anche quanto la componente “orientale” dell’ensemble di Krulik Zoltan fosse merito di Szabolcs Szoke, che saputo poi riprendere il filo del discorso fondando anche “Ektar”, ensemble con un suo percorso musicale molto interessante nel quale milita un altro ex-Makam, il suonatore di tabla Peter Zsalai.
Questo “Città di carta” è un disco sorprendente quanto inaspettato (avevamo perso le tracce di questi musicisti, ma la “rete”, gettato l’amo, ha pienamente risposto alle aspettative) e risulta davvero difficile dare dei riferimenti musicali che non siano il già citato gruppo seminale.
Di certo c’è il fascino della combinazione sonora, la perfetta tecnica strumentale, le melodie tracciate da Vaczi sui tappeti ritmici di Szoke che ci riportano – non casualmente – a respirare l’aria, gli odori, i profumi ed anche le immaginarie sonorità della Venezia del lontano passato, quando era la città punto d’incontro vero tra le culture e le genti d’oriente e d’occidente.
Ed a pensarci bene, non è indispensabile poi trovare a tutti i costi una “scatola” dove inserire questa bellissima musica; in fondo basta chiudere gli occhi e sognare…
Alessandro Nobis
Paolo Galloni dice
Una sera dell’estate del 1993 ero a Venezia e sentii un suono arcano, quasi preistorico, provenire da un angolo fuori dalla mia vista. Poco lontano, in una piazzetta, c’erano un suonatore di gadulka e un chitarrista che suonavano per i passanti. Ho lasciato che suonassero per un po’, poi ho attaccato bottone: erano Zoltan Krulik e Szabolcs Szoke! Non vedo l’ora di ascoltare questo disco.