WHIRLING DISCS, WHL0006, 200 – FOLK CONTEMPORANEO/IRLANDA
L’esibizione all’Eurovisione dell’altr’anno dev’essere stata particolarmente imbarazzante per i Dervish, visto che gliel’hanno sottilmente rinfacciata più o meno tutti i recensori, i quali sono però altrettanto d’accordo nel considerare questo nuovo disco una ottima riparazione. Del resto è il numero dieci della loro lunga carriera ed è proprio quel che ci vuole per celebrare i tanti anni di attività. Già il titolo dell’album rende bene l’idea del loro continuo girovagare, ancor meglio specificato nel brano d’apertura dedicato a Zingari, vagabondi e ladri.
Prodotto dal leggendario John Reynolds e arricchito da vari ospiti che aggiungono alla loro tipica strumentazione violoncello, tastiere, basso e chitarra elettrica (ma c’è anche Triona Ni Dhomhnaill al clavicembalo!), presenta nuovi arrangiamenti per canzoni tradizionali poco frequentate come Lord Levett. La voce di Cathy Jordan è sempre più pop, e non è un difetto, è solo più affascinante e sbarazzina del solito, nonostante gli anni che passano. Non a caso ci offre una cover di The Queen and the Soldier dal primo album di Suzanne Vega.
Tra i pezzi di nuova composizione si fanno notare Crucán na bPáiste di Brendan Graham e Grainne, che la stessa Jordan ha composto con Sharon Vaughan di Nashville, mentre My Bride è firmata dal canadese Dan Frechette, con accorti arrangiamenti delle corde a opera di Steve Wickam.
A un giornalista canadese, che gli ha chiesto cosa pensasse dell’inarrestabile proliferare nella scrittura musicale di soggetti nomadi e viaggiatori, la Jordan ha risposto: “Sono anni e anni che cantiamo di mendicanti, zingari e vagabondi e ci sono così tante canzoni che parlano di loro nella tradizione irlandese e britannica. Ci sono stati anche illustri personaggi che hanno calcato la strada carichi sia di letteratura che di cultura musicale. L’anno scorso ho ascoltato alla radio Gypsies, Tramps and Thieves; me la ricordavo dagli anni Settanta (si tratta di un pezzo portato al successo da Cher, nda), e mi ha fatto l’effetto di una piccola canzone folk. Le abbiamo rimesso il suo abito irlandese e devo dire che funziona davvero bene nei concerti e che mi piace proprio anche la storia che racconta”.
Gigi Marinoni
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