Bradley Hand, Eucrozia, GungSung, Shonar Bangla, Latha, Nyala, Vrinds… I vocaboli che avete appena letto non identificano personaggi minori della cosmogonia indu né i nomi di rarissime e preziose orchidee, purosangue campioni di trotto o improbabili pizzerie di Las Vegas. Si tratta molto più banalmente di caratteri tipografici (detti anche font) di raro o inesistente utilizzo, che -sfidiamo la “quasi intera categoria dei grafici” pubblicitari o editoriali- ad aver impiegato più di una volta nella propria vita professionale. I caratteri esistenti sono qualche dozzina ma quelli più usati si contano sulle dita di due mani: Arial, Bodoni, Garamond, Times, Verdana e pochi altri… questi i caratteri con i quali la “quasi intera categoria dei grafici” si diletta a impaginare la “quasi intera categoria dei testi reali o virtuali”. Questa la regola, ma per ogni regola, come si sa, si configura un’eccezione: i libretti dei Cd. Jewel-box, slim-box o digipack che siano, che di cover o di inlay card si tratti, la confezione del Cd sembra sfuggire a ogni regola (grafica o di buon senso). Infatti, pare che l’obiettivo di essere letti non sia fra i primari: già la superficie a disposizione per scrivere non è enorme (parliamo di 15×13 cm circa); poi se a questo aggiungiamo l’utilizzo di caratteri fantasiosamente illeggibili (particolarmente utilizzati gli svolazzi neoromantici e i goticismi protoceltici); gli abbinamenti improbabilissimi di colori che da anni si sono dichiarati guerra (rosso-viola, blu-marrone, verde-celeste, giallo-bianco…); la dimensione dei caratteri (altrimenti conosciuta come “corpo”) mai superiore a 8 e mai inferiore alla punta di spillo otteniamo un oggetto inutile (è praticamente illeggibile), fragile (jewel-box e slim-box sono realizzati in vetro di Murano e se cadono una volta sola vanno in frantumi), costoso (sia il cartone sia la plastica nessuno te li regala perché materiali inquinanti).
La morte del Cd è ormai annunciata e quindi il nostro piccolo e innocuo atto d’accusa contro i libretti e il modo sciagurato con il quale sono generalmente realizzati non sarà attuale ancora per molto. Ma proprio per questo ci tenevamo a scriverlo prima che fosse troppo tardi. D’altra parte, aver tentato per oltre trent’anni di far leggere i titoli e gli autori dei brani, gli esecutori e le note di copertina, gli strumenti utilizzati e i ringraziamenti, le immagini fotografiche e i loghi degli sponsor in uno spazio piccolo poco più di un francobollo è stato quasi un miracolo che, nonostante tutto, continua a ripetersi e quindi merita, quantomeno, rispetto.
Roberto G. Sacchi
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