Non insisterò molto per giustificare la presenza di questa recensione. Uniko non è il primo e non sarà l’ultimo cd di una musica che il “gioco delle etichette dei generi” potrebbe definire “contemporanea”, più o meno alla stregua di un lavoro di Nyman o di Tiersen. Sicuramente uno dei suoi principali interpreti, il finlandese Kimmo Pohjonen, non è “immune” al mondo del folk, e non solo perché suona uno strumento come la fisarmonica. Pohjonen è un prodotto del dipartimento di musica tradizionale della Sibelius Academy. Certo un prodotto strano e originale. E originale è dir poco.
Da fisarmonicista e appassionato di musica scandinava, quale sono, ne ho seguito inizialmente i passi. Avvicinatosi alla fisarmonica fin da piccolo, Pohjonen ha “espanso e reinventato i suoni della fisarmonica” (uso volutamente alcune espressioni tratte da altre recensioni) – spesso una fisarmonica su misura correlata ad un campionatore – dedicandosi a mondi vari, dal folk al rock, dal teatro alla danza, dall’avanguardia all’improvvisazione pura. Ma, dopo aver assistito ad un suo concerto, ho avuto l’impressione che “l’espansione e reinvenzione” di Pohjonen si muovevano troppo verso la qualità della performance e meno verso la qualità della composizione. E mi sono fermato nella mia osservazione del suo percorso artistico.
Niente di più sbagliato. E a volte non c’è niente di meglio, per un recensore, che sbagliare e accorgersene.
Sì, perché nel frattempo Pohjonen è andato avanti a fare dischi, a fare esperienze, a modificarsi. E andato avanti cercando un equilibrio tra quelle atmosfere visive che creava sul palco, quella sua presenza e gestualità teatrale e la sua vena artistica. Fino ad arrivare oggi a questo progetto che si ascolta con estremo piacere. Anche se, diciamocelo, per stare in equilibrio il sostegno dei Kronos Quartet è veramente un sostegno sicuro.
Qualche cenno al progetto alla base di Uniko.
Il progetto parte nel 2002 quando il Kronos Quartet, dopo aver sentito i lavori di Pohjonen e Kosminen, decide di commissionare a loro due la composizione di questa opera. Opera che esplora le possibilità della combinazione di fisarmonica, dell’elettronica e degli archi. Esplorazione che, in una sorta di terreno sognante e visionario, non si ferma al campionamento, al rimescolamento, all’arrangiamento ma si cimenta nella manipolazione elettronica dei suoni, collegandoli agli aspetti visivi del progetto che, purtroppo, si possono gustare solo dal vivo.
Dunque ammetto il mio errore: il lavoro di Pohjonen è un lavoro interessante, intelligente e coinvolgente. Un lavoro che riesce a rendere anche all’ascolto la fisicità della musica della fisarmonica e degli archi del Kronos Quartet (David Harrington, violin; John Sherba, violin; Hank Dutt, viola; Jeffery Zeigler, cello). Un lavoro ad alto contenuto emotivo.
Prima di chiudere, è doveroso dire qualche cosa parola sul percussionista, compositore e programmatore finlandese Samuli Kosminen. Un artista che ha collaborato con una vasta gamma di artisti: Kronos Quartet, Valgeir Sigurðsson, Jónsi, KTU (USA-Finlandia), Múm, Kimmo Pohjonen, …
Che dire? Se volete capire quanto mi sia sbagliato nell’assegnare giudizi affrettati, vi basta acquistare e ascoltare questo cd. Ne vale la pena… http://www.ondine.net/
Tiziano Menduto
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