di Alessandro Nobis
Con l’indovinata scelta di portare la location principale dall’Hotel Charlemont (ottimo per le sessions ma angusto per i concerti serali) al Market Palace Theatre (capace invece di offrire oltre a un bello e capiente teatro principale altri angoli per le esibizioni), l’Armagh Pipers Club ha centrato l’obiettivo di organizzare una splendida 25° edizione del Festival nel migliore dei modi nonostante promessi, ma mancati finanziamenti e qualche disguido dovuto a ritardi nei voli aerei che hanno costretto a qualche variazione del programma; un’edizione che davvero resterà nella memoria dei presenti (davvero molti, anche provenienti dal continente) visto che si celebrava il duecentocinquantesimo anno dalla nascita del piper e pipe-maker William Kennedy originario di Tandragee, borgo non lontano da Armagh al quale il festival è dedicato.
Altra indovinata e apprezzabilissima scelta, questa volta artistica, è stata quella di dedicare lo spazio più ampio possibile alle esibizioni soliste dei suonatori di cornamuse attraverso l’organizzazione di quattro eventi chiamati A World of Piping che hanno presentato in quattro diversi luoghi storici di Armagh la cornamusa in alcune delle sue varianti, dalle launeddas alle gaide bulgare, dalle highland pipes alle border pipes fini naturalmente alla cornamusa padrona di casa, la uilleann pipe.
Gli eventi, come nei festival che si rispettano, sono numerosi e di alto profilo, con diversi orari e in diversi luoghi e come è facilmente immaginabile diventa problematico se non impossibile seguirli tutti, specialmente se fate base ad Armagh e desiderate durante la giornata ammirare alcune delle numerose bellezze naturali che l’Ulster offre.
Quindi si fanno delle scelte; personalmente ho partecipato alla prima delle serate di A World of Piping, alle due serate al Market Place Theatre e a qualche session davanti a qualche pinta nei suggestivi e accoglienti pub che animano il festival – e Armagh – nelle serate, specie dei fine settimana. La spaziosa sede dell’Armagh Pipers Club è impregnata di tutto ciò che è tradizione irlandese: l’aria che vi si respira a pieni polmoni, i poster sulle pareti, le fotografie, il viavai di musicisti giovani, di quelli giovanissimi e di quelli già affermati, dei docenti, dei cultori, tutto ci dice che questo luogo in Scotch Street è il centro culturale di riferimento di Armagh e tra i più importanti dell’intera Irlanda. La famiglia Vallely, da John Brian ed Eithne, lo ha ideato e creato decenni or sono e non può che essere fiera del proprio lavoro e della passione per la tradizione che ha saputo così brillantemente trasmettere ai figli e a quanti ne fossero interessati, fin dai bambini in età scolare.
Dicevo del primo appuntamento, quello del tardo pomeriggio di giovedì appena conclusa la cerimonia dell’inaugurazione al Primate’s Palace: Tiarnan O’Duinnchinn ha fatto gli onori di casa con il suo set di uilleann pipes e di seguito Ross Ainslie, scozzese, Brighde Chaimbaul, delle Isole Ebridi, il bulgaro Ivan Georgiev e il galiziano Anxo Lorenzo hanno sfoderato arie di danza e slow air dalle loro aree di origine. Difficile scegliere, ma l’improvvisazione di Georgiev con la sua gaida e l’intervento di O’Duinnchinn mi hanno lasciato senza fiato; nel complesso due ore e trenta di tradizione purissima, di grande passione e di virtuosismo che non può mancare in queste esibizione solistiche il cui scopo è appunto di mostrare le proprie abilità senza il vincolo di affiancare altri musicisti anche se, per dirla tutta, Anxo Lorenzo ha gareggiato in velocità e ritmo con Xosè Liz e il suo bouzouki. Agli altri tre appuntamenti, presso la Biblioteca Robinson, la Chiesa Presbiteriana e al museo della Contea di Armagh ricordiamo per dovere di cronaca tra gli altri il sardo Luigi Lai con le sue formidabili launeddas, l’asturiano Josè Manuel Tejedor, Cillian Vallely dei Lunasa, lo scozzese Finlay McDonald, il greco Georgi Makris (che aveva già fatto un intervento all’inaugurazione del WKPF con gli scozzesi Daimh) e Séan McKeon.
Ripeto, formula indovinata questa della piccola rassegna nella quale vedrei benissimo far conoscere al pubblico eterogeneo di Armagh però anche suonatori delle pive, baghet e zampogne italiane, ma è una considerazione questa dettata dal cuore. Tutto qua.
Le due serate al Market Place Theatre sono state il piatto forte di questa 25^ edizione del Festival, al di là del profondo valore culturale delle esibizioni solistiche e delle session formali ed informali nei pubs di Armagh. E nel ricchissimo menù la ciliegina sulla torta è stato senz’altro l’attesissimo duo del piper Paddy Keenan e del violinista Paddy Glackin, duo che rappresenta davvero una porzione della storia della riscoperta del folk irlandese. Per chi come chi scrive ha consumato sul piatto del giradischi quel Paddy & Paddy del 1979 targato Tara Records è stata davvero una grande emozione ascoltare dal vivo questa coppia di straordinari ricercatori e musicisti; dicevano che da parecchi anni non suonavano assieme, ma la magia è scattata subito e il pubblico li ha onorati come si conviene con una grande e lungo applauso. Del resto che dire? Che i Lunasa con le uilleann pipes di Cillian Vallely e il flauto (e la simpatia) di Kevin Crawford hanno ancora confermato di essere il gruppo più interessante del panorama folk irlandese degli ultimi anni? Che l’ottuagenario Luigi Lai ha stupito i presenti con i suoni ed i ritmi della musica sarda oltre che con la sua respirazione circolare? Che Giorki Makris e Ivan Georgiev hanno duettato improvvisando con un evidente piacere e divertimento nel suonare assieme, che poi è l’essenza della musica tradizionale? Qui ci sarebbe da scrivere lungamente per raccontarvi le emozioni di questo straordinario festival e allora, senza esagerare, vi segnalo la suggestiva tradizione nordica portata ad Armagh dal duo svedese Dråm (nickelharpa e cornamusa per Anna Rynefors e cornamusa medioevale per Erik Ask-Upmark) oppure il gruppo scozzese (sette cd all’attivo) Daimh con la bagpipe di Angus MacKenzie e la voce di Ellen MacDonald e ancora il progetto Ulaid di John McSherry con il violinista Donal O’Connor e il chitarrista Sean Og Graham con graditissima ospite la straordinaria cantante e flautista Roghnach Connolly; e ci dimentichiamo del quartetto di cornamuse tutto al femminile di Sile Freil, Sinead Lennon, Louise Mulcahy e Mary Mitchell Ingoldsen o del canto gaelico proposto dal quartetto vocale accompagnato dalla chitarra di Ross Martin (Maeve McKinnon, Joy Dunlop, Sile Denvir ed Ellen MacDonald)? No di certo che non ce li dimentichiamo, come non dimenticheremo l’apertura e la chiusura del festival, i sette samurai delle pipes che hanno dato il benvenuto alle due serate al teatro e il super gruppo che lo ha chiuso, con alcuno spiti di lusso, come Paddy Keenan, Niall Valley, John McSherry and Donal O’Connor, suonando Kesh Jig, uno dei cavalli di battaglia della storica Bothy Band. Lo voglio affettusamente credere un omaggio a Liam O’Flynn, Mícheál Ó Súilleabháin e Alec Finn, e anche Mícheál Ó Domhnaill (della Bothy Band, che ci ha lasciato qualche anno fa, ma non è stato certamente dimenticato): quattro eroi del folk irlandese che ci hanno lasciato troppo presto.
Grande edizione del Festival, la valigia per la 26° edizione è già pronta. E la vostra?
Translation by Ciarán Ó Maoláin
With the inspired decision to move the main location from the Hotel Charlemont (excellent for sessions but cramped for evening concerts) to the Market Palace Theatre (able to offer, besides a beautiful and capacious main theatre, other corners for performances), Armagh Pipers Club achieved its goal of organising a wonderful 25th edition of the Festival in the best possible way, despite the loss of expected funding and some inconvenience due to delays in air flights that forced some variation in the program; an edition that will really remain in the memory of those present (very many, even coming from the continent); also because it was celebrated 250 years after the birth of the piper and pipe-maker William Kennedy, originally from Tandragee, a village not far from Armagh, to whom the festival is dedicated.
Another interesting and admirable choice, this time artistic, was to devote the widest possible space to solo performances of bagpipe players through the organisation of four events entitled A world of piping which presented in four different historical places of Armagh the bagpipe in some of its variants, from launeddas to the Bulgarian gaida, from Highland pipes to border pipes, and of course to the host bagpipe, the uilleann pipes.
The festival is full of worthy and high-profile events, at different times and in different places and as you can easily imagine it becomes problematic if not impossible to follow them all, especially if you base yourself in Armagh and wish during the day to admire some of the numerous natural attractions that Ulster offers.
So you make choices; personally I participated in the first of the evenings of A world of piping, the two evenings at the Market Place Theatre and some sessions in front of a few pints in the lovely and historic pubs that animate the festival – and Armagh – in the evening especially at the weekend. The spacious headquarters of Armagh Pipers Club is steeped in all that is Irish tradition: the air you breathe in deeply, the posters on the walls, the photos, the coming and going of young musicians, those very young and those already established, tutors, amateur musicians – everything tells us that this place in Scotch Street is the cultural centre of reference of Armagh and among the most important in the whole of Ireland. The Vallely family, headed by John Brian and Eithne, designed and created [the Club] decades ago and cannot but be proud of its work and of the passion for tradition that they have so brilliantly passed on to their own children and to all those interested, starting from kids of school age.
Turning to the first [World of Piping] event, that of the Thursday evening, just after the launch ceremony at the Primate’s Palace: Tiarnán Ó Duinnchinn did the honours with his set of uilleann pipes followed by Ross Ainslie, from Scotland; Brighde Chaimbeul, of the Hebrides; the Bulgarian Ivan Georgiev and the Galician Anxo Lorenzo brought in dance and slow airs from their areas of origin. Difficult to choose, but the improvisation of Georgiev on his gaida, and Ó Duinnchinn’s intervention, left me breathless; overall two and a half hours of pure tradition, of great passion and virtuosity, which are essential to these solo performances whose purpose is precisely to show their skills without the constraint of supporting other musicians; though it has to be said that Anxo Lorenzo matched the speed and rhythm of Xosè Liz and his bouzouki. As for the other three events, at the Robinson Library, the [First] Presbyterian Church and Armagh County Museum, we must mention for the record the Sardinian Luigi Lai with his launeddas, the Asturian José Manuel Tejedor, Cillian Vallely of Lúnasa, the Scotsman Finlay McDonald and the Greek Georgi Makris (who had already made an appearance at the WKPF launch event alongside the Scottish group Dàimh). I would love to see this formula of solo performances used to let the heterogeneous audiences of the Armagh festival familiarise themselves with the sounds of the Italian pive, baghet and zampogna, and I say that from the heart. That’s all.
The two evenings at the Market Place Theatre were the highlight of this 25th edition of the Festival, beyond the profound cultural value of solo performances and the formal and informal sessions in the pubs of Armagh. And in this very rich menu, the icing on the cake was undoubtedly the highly anticipated duo of the piper Paddy Keenan and the fiddler Paddy Glackin, a duo that really represents a portion of the history of the rediscovery of Irish folk music. For this writer, who recalls placing on the turntable that Paddy & Paddy disc of 1979 from Tara Records, it was really moving to listen live to this pair of extraordinary researchers and musicians; they said that for several years they had not played together, but the magic was immediately triggered and the audience honoured them as it was bound to with great and long applause. What to say about the rest? That Lúnasa with the uilleann pipes of Cillian Vallely and the flute (and charm) of Kevin Crawford have confirmed their status as the most interesting Irish folk group in recent years? That the octogenarian Luigi Lai amazed those present with the sounds and rhythms of Sardinian music as well as with his circular breathing?
That Georgi Makris and Ivan Georgiev duet, improvising with an obvious pleasure and fun in playing together, which really is the essence of traditional music? Here we would have to write a long time to tell you the emotions of this extraordinary festival and then, without exaggerating, I would point out the beautiful Nordic tradition brought to Armagh by the Swedish duo Dråm (nickelharpa and bagpipes of Anna Rynefors and medieval bagpipes of Erik Ask-Upmark); the Scottish group (with seven CDs to date) Dàimh with the bagpipes of Angus MacKenzie and the voice of Ellen MacDonald; the Ulaid project of John McSherry with the fiddler Donal O’Connor and the guitarist Seán Óg Graham, with as a very welcome guest the extraordinary singer and flute player Ríoghnach Connolly; and we can’t overlook the female bagpipe quartet of Síle Freil, Sinéad Lennon, Louise Mulcahy and Mary Mitchell Ingoldsby, or the Gaelic song of the vocal quartet accompanying Ross Martin’s guitar (Maeve McKinnon, Joy Dunlop, Síle Denvir and Ellen MacDonald)? Certainly we cannot forget them, as we will not forget the opening and closing of the festival, the seven samurai of pipes that welcomed us to the two evenings at the theatre and the supergroup that closed it, Lúnasa with guests the likes of Paddy Keenan, Niall Valley, John McSherry and Donal O’Connor, who played the Kesh Jig, one of the workhorses of the historic Bothy Band. I want to think as an affectionate tribute to Liam O’Flynn, Mícheál Ó Súilleabháin and Alec Finn, and also Mícheál Ó Domhnaill (of the Bothy Band, who left us years ago but was never forgotten): four heroes of Irish folk music who left us too soon.
A great edition of the Festival, my suitcase is already packed for the 26th edition. And yours?
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