APPLESEED RECORDING, 2000 – SONG-WRITER USA
Dai coffee-bar di Greenwich Village degli anni sessanta accarezzati dalla musica folk il passo è lungo, eppure Eric Andersen, piccolo grande eroe di quegli anni ha sempre continuato la sua strada onesta e pulita registrando una lunga serie di lavori in cui non è mai venuto meno allo spirito dei suoi esordi. Anche questo ultimo “You Can’t Relieve The Past” è incarnato nella tradizione folk seppur con il coraggio di guardare un po’ oltre i propri orizzonti tanto che alcuni brani sono stati registrati nel Delta con alcuni esponenti della Fat Possum, etichetta indipendente specializzata nel blues rurale che più rurale non si può. Quello che viene fuori è un disco vivido e appassionante dondolante com’è su due diversi piani d’ascolto: la registrazione a New York calda, apollinea e delicata e quella nel Mississippi bollente, virulenta ed elettrizzante. Su questo 2X1 Andersen stende la sua penna e la sua voce in canzoni ariose e pungenti con dei testi pregnanti, poetici e civili.
Il brano di apertura è di quelli che vanno dritti al cuore e riescono ancora ad emozionarci e farci pensare che le sei note sono infinite nella loro capacità di stupirci. Andersen ha intessuto una ballata lenta “classica” parlandoci degli occhi degli emigranti che guardano New York dal mare e qui la melodia si fa poesia. L’arrangiamento è scarno, quello solito, ma l’andamento lento, gli interventi pacati e studiati dei musicisti fanno dei sei minuti del brano il momento più intenso del cd.
Andersen ha voluto attorno a sé tra i migliori musicisti “acustici” della East Coast a cominciare da un eroe del “picking” come è Artie Traum, alla cantante Lucy Kaplansky e al chitarrista slide Dan Hovey e quest’insieme riesce ad arricchire i brani dell’album tra cui vanno segnalati oltre ad altri inediti di Andersen anche quattro pezzi scritti a quattro mani con il compianto Townes Van Zandt
Il sound cambia totalmente nei pezzi registrati nel Mississippi, qui il suono è secco, senza compressioni e le canzoni di Andersen si abbronzano di sole e cotone. Sam Carr alla batteria, James Johnson e Kenny Brown alle chitarre suonano quello che sanno fare: blues e sul loro modo trascinante e a volte “acido” Eric Andersen diventa “Blind Eric Guitar Andersen” assecondando i suoi brani ai quattro con un esito decisamente piacevole.
Ancora una zampata diversa è la title track, scritta insieme a Lou Reed e cantata insieme a lui dove i due scarnificano all’essenziale la canzone ricordandoci i primi Everly Brothers
Roberto Menabò
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